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giovedì 20 gennaio 2011

27 Gennaio 2011 Giornata della Memoria

Il 27 Gennaio del 1945 le truppe sovietiche dell'Armata Rossa, nel corso dell'offensiva in direzione di Berlino, arrivarono nella cittadina polacca nota col nome tedesco di Auschwitz, scoprendo il campo di concentramento e liberando i pochi superstiti.
La data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz è stata scelta in tutto il mondo come "Giorno della Memoria", per ricordare una delle pagine più nere della storia.

La Biblioteca di Castelgomberto anche quest'anno ha preparato diverso materiale su questo tema, concentrandosi particolarmente su vicende delle nostre zone. Quanti ad esempio sanno che esisteva un Campo di Concentramento provinciale a Tonezza del Cimone?

Ecco alcuni estratti dal libro "Le poche cose. Gli internati ebrei nella provincia di Vicenza 1941-1945" di Paolo Tagini.
"Con l'entrata dell'Italia nel secondo conflitto mondiale, le autorità fasciste predisposero l'internamento per cittadini appartenenti a sati nemici. Fra le migliaia di persone coinvolte da tale provvedimento furono inclusi anche gli stranieri di "razza ebraica" allora presenti nel Regno e nei territori nel frattempo occupati dall'esercito italiano.
L'internamento civile si concretizzò nella reclusione in campi di concentramento o nell'obbligo di domicilio coatto.
Anche la provincia di Vicenza fu coinvolta.
Una circolare del ministero dell'interno ritenne idonei a "ricevere persone con domicilio obbligato" i comuni di Arzignano, Bassano, Montecchio Maggiore e Roana "per la loro ubicazione e situazione ambientale. A questi se ne aggiunsero molti altri.
(...) In 28 comuni vicentini tra il 1941 e il 1943 furono costretti al domicilio coatto 600 ebrei.
Dopo l'armistizio dell'8 Settembre 1943, nell'Italia settentrionale furono creati nuovi campi di concentramento per internare quegli ebrei che finirono piombati sui treni diretti in Polonia. Tra quei campi c'era la colonia "Umberto I°" di Tonezza del Cimone dove furono tenute prigioniere 45 persone dal destino segnato.
(...) I giorni nella colonia, pochi ufficialmente, devono essere stati i più lunghi ed estenuanti per gli ebrei sospesi tra la speranza di una notizia o di una decisione che potesse cambiare il loro stato e la certezza che il nuovo corso della Repubblica Sociale, unito alla presenza dei tedeschi sul territorio italiano, non li avrebbe condotti su altra strada che su quella dei campi della Polonia.
(...) Il 30 Gennaio 1944 arrivò a Tonezza un pulmann, gli internati furono caricati alla volta di Vicenza(...)Nessuno dei 42 ebrei partiti il 30 Gennaio e giunti ad Auschwitz il 6 Febbraio è sopravvissuto."

Anche Mario Rigoni Stern ricorda gli internati ebrei nel racconto "La segheria abbandonata"
"Dove li avevano concentrati era una vecchia segheria in disuso da parecchi anni e lì dentro i cinquanta e più ebrei si erano arrangiati alla bell'e meglio in gruppi per affinità familiari o di lingua.(...)Un poco alla volta, eludendo il brigadiere e ignorando il segretario del fascio, entrarono in confidenza con le famiglie che abitavano alla periferia del paese o in case isolate nei campi; aiutavano a segare la legna per l'inverno, a raccogliere le patate, a custodire il bestiame al pascolo quando i ragazzi ripresero le scuole. In cambio di questi servizi avevano patate e latte; ma anche Gino, il fornaio del paese che suonava il violino nella soffitta e nelle feste da ballo, e che dopo fu uno dei primi a farsi partigiano e per venti mesi fece ammattire tedeschi e fascisti per burlesche imprese, riusciva in qualche modo a far arrivare loro del buonissimo pane per aiutarli a tirare la vita.(...)La guerra sembrava una cosa lontana anche per il vecchio e saggio avvocato Lederer che si compiaceva di questa pausa della sua vita tormentata e ogni pomeriggio andava a prendere lezione d'Italiano dalla maestra Caterina perché voleva leggere Dante. Non passò molto tempo che qualcuno più ardito non rientrò nella segheria nemmeno per passare la notte; insomma quando venne Capodanno(...)chi qua chi là, tutti i nostri ebrei avevano trovato una casa che li ospitasse.(...)La sera dell'8 Settembre la radio trasmise la notizia e la mattina del 9 vennero dal Nord i primi soldati senza comandanti, dicendo che i tedeschi stavano venendo su dai passi come nei secoli trascorsi. Il giorno 10 non si vide più alcun ebreo girare per il paese(...)In un piccolo paese delle montagne venete è rimasto il loro ricordo. Nelle sere d'inverno, in osteria, ho sentito parlare di loro. Ma non sono più tanti, ormai, a ricordarli; e nemmeno tanti, in paese, sanno che il tetto della Chiesa è ancora quello aggiustato da Gunter, che tante grondaie sono suoi lavori(...)Ma nel ricordo dei paesi e delle città, delle pianure e delle montagne, delle lande e dei boschi dell'Europa orientale, per quello che ho visto e sofferto ho voluto sfogliare i vecchi registri polverosi e leggere i loro nomi anche per voi."


Tra tanta sofferenza, spiccano anche storie di coraggio e altruismo, come quelle di Giorgio Perlasca o di Don Michele Carlotto, entrambi nominati "giusti fra le nazioni".


Don Michele, allora Cappellano a Valli, agì in prima persona aiutando in particolare due giovanissimi fratelli ebrei e la loro madre.
"Io ho avuto contatti soprattutto con i due ragazzi e la mamma.(...)Essi han potuto fuggire perché io avevo procurato subito loro tutte le carte di identità false attraverso l'arciprete di Schio.(...)I due ragazzi in bicicletta li ho portati a Castelgomberto in casa dei miei fratelli.(...)Abbiamo detto alla gente che erano due orfani sfollati da Fiume. Mamma! Quante "sante" bugie ho detto in tempo di guerra!(...)Quando ho visto che erano in pericolo loro o la mia famiglia, allora ho parlato a Vicenza con il direttore dell'Istituto San Gaetano se me li teneva."
Così salvò la vita a questa famiglia.

Giorgio Perlasca invece, a Budapest nell'inverno del 1944-45 riuscì a salvare migliaia di ebrei ungheresi inventandosi il ruolo fittizio di Console spagnolo. Tornato in Italia alla fine del conflitto, non racconta la sua storia a nessuno semplicemente perché ritiene di aver fatto solo il suo dovere. Sono le donne ungheresi da lui salvate a ritrovarlo e a far scoprire la sua storia.
A chi gli chiedeva perché lo aveva fatto, rispondeva semplicemente: "Ma lei, avendo la possibilità di fare qualcosa, cosa avrebbe fatto vedendo uomini, donne e bambini massacrati senza un motivo se non l'odio e la violenza?"

Oltre a queste testimonianze e storie incredibili, è disponibile anche una bibliografia, che potete trovare a questo link:
http://bibliocastelgomb.altervista.org/bibl_G_Memoria_2010_A4.doc

Per l'occasione l'Associazione Agorà organizza una serata di letture sulla memoria Venerdì 28 Gennaio alle ore 20.30 presso la Sala Foscola di Palazzo Barbaran intitolata "il Canto di Ulisse".
Pensieri, musiche, suoni, immagini e letture per una commemorazione della Shoah. Un appuntamento per approfondire, capire e ascoltare le parole di chi ha vissuto e raccontato la tragedia.

"Oggi più che mai, è necessario che i giovani sappiano, capiscano e comprendano: è l'unico modo per sperare che quell'indicibile orrore non si ripeta, è l'unico modo per farci uscire dall'oscurità."
Il silenzio dei vivi - Elisa Springer

Tutto il materiale è disponibile presso la nostra Biblioteca.

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